5 consigli per recitare shakespeare

5 consigli per recitare shakespeare

4 Mar 2022 | Scuola e teatro, Shakespeare

Quello di recitare Shakespeare è il sogno e l’incubo di chiunque faccia teatro. Qualunque regista, attore o attrice abbia mai provato ad avvicinarsi al Bardo, sa che non è per nulla facile mettere in scena le sue opere, proprio per la loro grandezza, bellezza, complessità e verità.

Abbiamo immaginato così che potessero essere utili dei consigli (soprattutto a noi stessi!) per rappresentare e recitare William Shakespeare nella maniera più fedele possibile. Per farlo abbiamo scelto di cercare, proprio nei suoi testi, tra le righe e nelle sue parole, i suggerimenti che probabilmente avrebbe dato lui ai suoi attori.

LA FORZA DELL’IMMAGINAZIONE

Immaginiamo insieme un teatro elisabettiano con scenografie fisse e “generiche” e un palcoscenico sul quale potevano recitare un massimo di circa 12 attori contemporaneamente. Immaginiamo le risicate risorse economiche per un mestiere certo non blasonato come quello dell’attore o del produttore teatrale.

E ora immaginiamo di dover portare in scena battaglie sanguinarie con centinaia di cavalli ed enormi armate, o di dover ricreare ambientazioni esotiche, paesaggi marini, naufragi, morti, eventi atmosferici sconvolgenti, visioni soprannaturali, ecc.

Praticamente impossibile con così pochi attori, spazio e denari!

E così è Shakespeare stesso a trovare la soluzione, a dare il primo consiglio e a fornire le “istruzioni per l’uso” a pubblico e attori nel prologo dell’Enrico V. L’autore si appella proprio all’immaginazione del pubblico che, se ben stimolata dalla narrazione degli attori, può far vivere attraverso la fantasia le situazioni più complesse da ricreare nella finzione del teatro.

“Ma perdonate, pubblico cortese,
la scarsa, incerta ispirazione di chi ebbe l’ardire,
su questa indegna impalcatura, di portare in scena sì epica vicenda.

Può contenere, quest’angusta arena,
gli sconfinati campi della Francia? Possiam stipare a forza
in questo “O” di legno anche solo i cimieri
che ad Agincourt fecer tremare il cielo?
Ah, perdonateci! perché uno sgorbio da nulla può,

nel suo piccolo, rappresentare un milione.
Lasciate dunque a noi, gli zeri di sì gran rendiconto,
di fare appello alle forze dell’immaginazione.
Immaginate che entro la cinta di questi muri
sian confinati due possenti reami
che si confrontan dall’alto dei loro orgogliosi confini,
divisi solo da un periglioso braccio di mare.
Supplite voi, col vostro pensiero, alle nostre carenze:
dividete ogni singolo uomo in mille unità,
così creando armate immaginarie.
Pensate, se vi parliam di cavalli, di vederli voi stessi
calcare i lor fieri zoccoli nella terra amica;
è alla vostra mente che spetta ora equipaggiare i sovrani
e condurli per ogni dove, bruciando i tempi
e condensando gli eventi di molti anni
in un voltar di clessidra: e proprio a questo fine
fatemi fare in questa storia, vi prego, la parte del Coro;
ed io, da prologo, vi chiederò umilmente di esser pazienti
e giudicare cortesemente il nostro spettacolo con occhi indulgenti.”

(Enrico V)

come recitare shakespeare

LA TEORIA DEGLI UMORI

Nel periodo elisabettiano si pensava che ci fossero 4 tipi di fluidi nel corpo umano che corrispondevano a 4 stati umorali. Anche i personaggi del teatro, compresi quelli shakespeariani, che così bene rappresentavano il genere umano nella sua meravigliosa complessità, erano pervasi principalmente da uno di questi stati o umori. Questo eccesso umorale delineava dunque il carattere del personaggio e influenzava le sue azioni rendendolo tridimensionale e allo stesso tempo riconoscibile e fallibile e per questo più che mai reale.

Ed ecco il secondo consiglio che viene dal tempo storico in cui Shakespeare viveva e che ci ricorda l’importanza delle emozioni e delle sensazioni, la potenza dell’empatia e la profondità dell’animo umano.

Ma quali sono i 4 umori e cosa significano?

  • 1 – L’eccesso di sangue (liquido caldo e umido proveniente dal cuore, centro della vita) che rende un personaggio sanguigno: rubicondo, gioviale, allegro, goloso, frivolo, con una sessualità giocosa. I suoi simboli sono l’aria, l’infanzia e la primavera.
  • 2 – L’eccesso di bile gialla (liquido caldo e secco contenuto nella cistifellea detto anche “collera”) che rende un personaggio collerico: irascibile, asciutto, permaloso, furbo, superbo, istintivo. I suoi simboli sono il fuoco, l’adolescenza e l’estate.
  • 3 – L’eccesso di bile nera (liquido freddo e secco prodotto dalla milza chiamato anche “umor nero”) che rende un personaggio melanconico: magro, debole, triste, avaro, introspettivo, intellettuale, tendente al suicidio. I suoi simboli sono la terra, l’età adulta, l’autunno
  • 4 – L’eccesso di flegma (liquido freddo e umido proveniente dal cervello) che rende un personaggio flegmatico: controllato, beato, lento, pigro, sereno, meticoloso, preciso. I suoi simboli sono l’acqua, la vecchiaia e l’inverno.

I MODI DI RIVOLGERSI

Pare che al Globe di Londra gli attori ricevessero solo il copione con le proprie battute e che non conoscessero quindi, né provassero assieme agli altri attori, l’intero spettacolo.

E dunque come recitavano? Come si muovevano sul palcoscenico?

Innanzitutto dobbiamo notare che nei testi di Shakespeare troviamo moltissime didascalie e note di regia inserite saggiamente nelle battute degli stessi personaggi che dicono direttamente in scena ciò che stanno facendo, ciò che fanno gli altri e quello che faranno. Praticamente un regista occulto tra le righe del testo. Ecco un esempio tratto dalla prima scena dell’Amleto:

BERNARDO – Orazio, intanto mettiti a sedere, e lasciaci assaltare un altro po’ gli orecchi tuoi così ben corazzati contro la nostra storia, col descriverti quel che abbiam visto due notti di seguito.

ORAZIO – E va bene, sediamoci e ascoltiamo quel che dice il nostro buon Bernardo. Allora, parla.

BERNARDO – Ecco, la scorsa notte, quando la stella a occidente del polo aveva ormai compiuto il suo percorso in quella parte del cielo ove brilla, la campana batteva il primo tocco, Marcello ed io…

(compare lo SPETTRO)

MARCELLO – Silenzio! Eccolo, torna!

(Amleto)

Inoltre nei modi in cui i personaggi si rivolgono l’un l’altro si potrebbe nascondere una specie di codice per conoscere gli spostamenti in scena, la prossemica, le azioni, come fosse un linguaggio sotteso alle parole e così a determinate espressioni corrispondono determinate azioni anche e soprattutto a seconda dello status sociale a cui apparteneva l’interlocutore.

Un gioco teatrale di facile realizzazione e il terzo consiglio di questo elenco che prende ispirazione proprio dalle parole dei personaggi del Bardo, è quello di decifrare questo codice e metterlo in scena cominciando, ad esempio, dai “modi di rivolgersi”:

– Quando si davano del “TU” (THOU) tra personaggi conoscenti, familiari o di basso rango gli attori recitavano molto vicini, a meno di un metro di distanza.

– Quando si davano del “VOI” (YOU) in una relazione tra personaggi sconosciuti o in situazioni formali gli attori recitavano ad una distanza di circa 3 metri l’uno dall’altro.

– Quando veniva detto “MIO SIGNORE” (MY LORD) a personaggi di alto status l’attore doveva accompagnare la battuta chinando il capo una volta.

– Se dicevano “VOSTRA SIGNORIA” (YOUR LORDSHIP) a personaggi di altissimo status come duchi e baroni era d’obbligo un evidente inchino.

– Il “VOSTRA MAESTÀ” (YOUR MAJESTY), rivolto a re e regine, era accompagnato da un ginocchio a terra o addirittura due. 

– “VOSTRA GRAZIA” (YOUR GRACE) invece era dedicato a figure dell’alto clero e faceva prostrare gli attori pancia a terra.

PORTA SFORTUNA!

Se si parla di teatro non ci si può esimere dal parlare anche di superstizioni e credenze e una delle più famose riguarda proprio un’opera shakespeariana che porta con sé un alone di mistero e oscurità.

Si sa infatti che pronunciare il nome di “Macbeth” in un teatro porti sfortuna ed è proprio per questo che l’opera viene chiamata in sostituzione “Il dramma scozzese”.

Perché quest’opera si è creata una nomea così nera?

Forse perché pare che per scrivere la canzone delle tre streghe Shakespeare avrebbe copiato la formula di un sortilegio da delle vere streghe, le quali avrebbero perciò maledetto il dramma per vendicarsi? 

Forse perché nella prima messa in scena del dramma l’attore protagonista che interpretava Macbeth morì durante la produzione? 

O perché nella tragedia è presente un gran numero di duelli con la spada e le possibilità di farsi male durante la recita o le prove erano più alte?

Qualunque sia la vera causa della sfortuna che porta con sé il Macb…ehm…”Il dramma scozzese”, quando per errore un attore ne pronuncia il nome, le regole della scaramanzia vogliono che questo debba uscire dal teatro, ruotare su sé stesso tre volte, sputare da sopra la spalla sinistra e recitare una battuta di un altro dramma shakespeariano, quindi bussare alle porte del teatro e attendere di essere invitato a rientrare.

Che le superstizioni siano da assecondare o meno, il quarto consiglio è quello di evitare sempre e comunque la sfortuna!

COME RECITARE SHAKESPEARE?

Questo quinto e ultimo consiglio per recitare Shakespeare ce lo darà direttamente… William Shakespeare attraverso le parole del suo più famoso e controverso personaggio, Amleto, che agli attori della compagnia venuta a corte spiega come si recita, un po’ come se lo consigliasse a tutti noi!

“Mi raccomando, recitate la tirata come l’ho detta io, scandita e in punta di lingua; a urlarla, come fanno tanti attori, sarebbe come affidare i miei versi a un banditore di piazza. E non affettate l’aria con la mano, così, ma siate delicato perché anche nel turbine, nella tempesta, o, per così dire, nel vortice della passione, dovete procurarvi una certa dolcezza e misura. Ah! Mi irrita nel più profondo dell’anima udire un tizio forzuto e imparruccato che fa a brani una passione, la straccia, per rintronare la platea, che, nella maggior parte dei casi, capisce solo pantomime senza capo né coda e strepiti: evitatelo. Ma non siate nemmeno troppo addomesticati. Fatevi guidare dalla discrezione, accordate il gesto alle parole, la parola al gesto, avendo cura di non superare la modestia della natura. Qualsiasi cosa in tal misura gonfiata è ben lontana dalla recitazione, il cui fine è di reggere lo specchio alla natura. […] E fate che quelli che recitano la parte del buffone si attengano al testo. Ce ne sono alcuni che si metterebbero a sghignazzare essi stessi pur di far ridere un certo numero di ascoltatori balordi, anche se proprio in quel momento dovesse essere rilevato un dialogo essenziale al dramma. Cosa da villani, che mostra la misera ambizione dello sciagurato che la usa. Ora andate e preparatevi”

(Amleto)

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